[Area] AreaDG - ULTIMO COMMA - Non solo la tecnica forma un buon magistrato - Una breve riflessione su come e cosa studiano i magistrati oggi

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Lun 3 Apr 2023 18:50:27 CEST


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Non solo la tecnica forma un buon magistrato
Una breve riflessione su come e cosa studiano i magistrati oggi

Per “riprendere la mano” in vista del rientro in ruolo e delle prime
udienze, in questi giorni sto sfogliando uno di quei manuali che si usano
per la preparazione al concorso. Ricchi, completi, aggiornati, densi di
precisissimi rimandi e riferimenti preziosissimi, sia di giurisprudenza che
di dottrina. Ma tecnici, asettici che al loro confronto l’Antolisei
(L’Antolisei!!!) sembra un trattato di sociologia del diritto.

Consentono – forse – di superare il concorso ma formano ´solo´ tecnici del
diritto e non giuristi consapevoli del loro ruolo nella società.

Perché fa differenza studiare il contratto sul Sacco o sul Roppo
oppure solo sul Torrente o sul Gazzoni o sul Trimarchi.

Qualcuno di quelli che si preparano al concorso hanno mai letto di Baratta
o Pulitanò? Hanno mai sfogliato un testo di criminologia di Ceretti o
Merzagora? Sanno che non sa di diritto chi non lo intreccia con la
sociologia, la storia, l’economia? Hanno mai sentito parlare di Michel
Focault, Erving Goffmann, della scuola di Chicago? Che qualcuno ha
riflettuto sui rapporti fra la pena e la struttura sociale e qualcun altro
di come gli istituti di diritto privato sono connessi ad un preciso assetto
economico?

Per superare il concorso occorre la tecnica.

In fondo basta studiare, studiare bene e tanto. E avere fortuna (io ne sono
un caso evidente).

E poi? E poi come si riempie il vuoto?  cosa restituisce il senso di essere
oggi magistrati o comunque giuristi? il carrierismo spinto, figlio della
frustrazione sociale delle professioni intellettuali?

Serve invece ridare ai magistrati smalto e consapevolezza del ruolo
istituzionale.

Occorre formare oltre la tecnica.

Questa è la sfida, forse la più difficile per tutti noi.

Formare giuristi consapevoli, sia fra coloro i quali studiano per il
concorso, sia fra coloro i quali l’hanno già vinto.

Sia chiaro quel che preoccupa non è la sola capacità dello *jus dicere* ma
la (mancanza di) consapevolezza del ruolo costituzionale e sociale del
magistrato senza la quale siamo tutti più facile preda del carrierismo,
della megalomania o del narcisismo.

Il rischio di non studiare altro che il diritto (o di studiare il diritto
come scienza avulsa dalle altre) è che la vittoria del concorso porti i
magistrati ad autorappresentarsi come i sacerdoti delle norme, a chiuderli
nelle loro convinzioni, a non fare crescere la giurisprudenza, a rimanere
corporazione autoreferenziale.

Proprio quello che non serve al nostro Paese.

*Giovanni Zaccaro*
*giudice Tribunale di Bari*
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