[Area] Una lezione (attuale) di Gramsci sugli affari penali semplici

Vignale Lucia lucia.vignale a giustizia.it
Dom 29 Apr 2018 15:06:08 CEST


...E ci sono anche casi come quello di cui alla sentenza che segue, nel quale si è ritenuto di dover procedere ad arresto, richiesta di convalida e contestuale giudizio direttissimo.

In questo caso il P.M. non ha solo esercitato l'azione penale, ha anche chiesto  l'applicazione di una misura cautelare (obbligo di presentazione alla P.G.) ed è forse utile riferire (una circostanza che al cronista Gramsci non sarebbe sfuggita) che il difensore (d'ufficio) aveva ventilato la possibilità di chiedere un patteggiamento.

Cordiali saluti a tutti .

Lucia Vignale




MOTIVI DELLA DECISIONE



Verso le 13:55 del 6.8.2016, U.P.G. della Questura di Genova che transitavano in Corso Martinetti a bordo di un’auto di servizio, videro un uomo che aveva “entrambe le braccia all’interno” di un contenitore per la raccolta di indumenti usati (c.d. “staccapanni”). Scesi dall’auto gli operanti intimarono all’uomo di fermarsi ed egli poggiò a terra un sacco contenente vestiti. Esibì poi il permesso di soggiorno, sulla base del quale fu identificato in Z.D., nato in Marocco il ____. Il sacco che Z. aveva appoggiato a terra “non risultava danneggiato” e fu pertanto infilato nello “staccapanni”.



Tratto in arresto per violazione degli artt. 56, 624, 625 n. 7 c.p. e interrogato ai fini della convalida, Z. ha sostenuto di non aver affatto prelevato indumenti dal contenitore, al cui interno non poteva accedere per la presenza di una sorta di porta scorrevole (testualmente: “una specie di ventola che gira”). Ha dichiarato che il sacchetto poggiato a terra all’arrivo delle forze dell’ordine gli era stato dato da una signora. Costei si era avvicinata allo “staccapanni” con il sacchetto che intendeva buttare, ma aveva visto Z. e aveva preferito dare a lui gli indumenti dei quali voleva disfarsi. Gli aveva detto pertanto di scegliere quel che gli serviva e di buttare il resto. Quando era arrivata la polizia lui stava mettendo nel contenitore i capi che aveva deciso di non tenere.

Le fotografie del contenitore (di cui è stata disposta l’acquisizione) dimostrano che si tratta di un normale “staccapanni” provvisto, sull’apertura, di una ruota orizzontale che consente di introdurre oggetti nel contenitore, ma non di avere accesso a quegli oggetti dall’esterno. Ne consegue che - a differenza di quanto sostenuto dai verbalizzanti - è impossibile infilare le braccia all’interno del contenitore, ma si può infilarle al massimo nella apertura della ruota su cui si devono appoggiare gli oggetti; ruota che deve essere fatta girare perché quegli oggetti possano cadere nel contenitore.

Un sistema siffatto non consente di prelevare sacchi dal contenitore senza danneggiarli ed è idoneo ad impedire che qualcuno, facendo uso delle sole mani, possa prendere gli indumenti contenuti nello “staccapanni”.

Nel caso in cui il contenitore sia troppo pieno i sacchetti appoggiati sulla ruota potrebbero non cadere all’interno e solo in quel caso sarebbe possibile prenderli, ma il giorno dei fatti questa situazione non si era certamente verificata perché, come risulta dal verbale di arresto, gli operanti presero il sacchetto che Z. aveva appoggiato a terra e lo introdussero nel contenitore senza nessuna difficoltà.

Così stando le cose non si comprende come l’odierno imputato avrebbe potuto prelevare indumenti mettendo “entrambe le braccia all’interno” del contenitore, né si comprende come sarebbe stato per lui possibile, senza danneggiare il sacchetto, tirarlo fuori dallo “staccapanni”.

Ne risulta confermata la tesi difensiva secondo la quale, all’arrivo della Polizia, Z. stava buttando nel contenitore ciò che non gli serviva e gli indumenti che posò a terra gli erano stati donati. Ciò comporta una pronuncia assolutoria ex art. 530 comma 2 c.p.p. per insussistenza del fatto.



Sotto diverso profilo si deve osservare che, quand’anche fosse provato un furto, non si tratterebbe comunque di furto aggravato ex art. 625 n. 7 c.p.  sicché l’azione penale non avrebbe dovuto essere esercitata per difetto di querela. Gli indumenti contenuti in uno “staccapanni”, infatti, non sono “esposti alla pubblica fede”, ma custoditi in un apposito raccoglitore chiuso, né risulta dagli atti che, nel caso di specie, quel raccoglitore sia stato in qualche modo manomesso o comunque danneggiato.



P.Q.M.



Il Tribunale in composizione monocratica

Visto l’art. 530  comma 2 c.p.p.

ASSOLVE

Z. D. dall’imputazione ascrittagli perché il fatto non sussiste.

Genova, 23.9.2016



Il Giudice

Dott.ssa Lucia Vignale




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Da: Area <area-bounces a areaperta.it> per conto di Gioacchino Romeo <gioarom a alice.it>
Inviato: domenica 29 aprile 2018 10:38
A: area a areaperta.it
Oggetto: Re: [Area] Una lezione (attuale) di Gramsci sugli affari penali semplici


E poi ci sono – purtroppo sempre più numerosi – esempi di giustizia che si realizza con modalità la cui correttezza sarebbe tutta da verificare, anche per affari penali semplici.

È venuto occasionalmente a mia conoscenza questo caso: un’insegnante affetta da patologia progressiva e altamente invalidante, con diritto ad anticipo della pensione, da un anno e mezzo in attesa di una “ricostruzione di carriera” arbitrariamente dilazionata da questo o quell’Istituto scolastico, alla fine viene informata che al traguardo manca solo un documento attestante il positivo superamento dell’anno di prova. Atto dovuto da parte del dirigente dell’Istituto presso il quale non ieri, ma quattro anni fa, la docente ha superato la prova. A chi dovrebbe emetterlo, più volte informalmente sollecitato a farlo, specie per le ricadute sul trattamento di fine rapporto, è notificata, alla fine, una formale diffida il 5 febbraio 2018. Il 15 marzo 2018 viene presentata a una stazione locale dei CC denuncia, ampiamente documentata, ex art. 328, cpv., c.p.; il 17 aprile 2018 il P.M. formula richiesta di archiviazione, come si può leggere dall’allegato. La notifica della richiesta avviene il 28 aprile 2018. Noto solo due particolari: il procedimento è iscritto a carico di IGNOTI, quando la denuncia consentiva di identificare agevolmente il soggetto autore dell’eventuale illecito; tenuto conto del periodo pasquale e dei tempi di trasmissione dalla stazione dei CC alla Procura, la definizione è stata non sollecita, ma fulminea. Come ha scritto Brecht, non basta la mannaia, ci vuole pure la sentenza.

Casi come questo, in una Procura che non brilla, in Italia, per celerità di azione, sono migliaia: tutti riferibili a fatti penalmente irrilevanti? Per esperienza personale, non è così. E ci sono fattispecie criminose, come, ad esempio, l’appropriazione indebita, l’abuso di ufficio, l’omissione o il rifiuto di atti di ufficio, che, almeno in quella Procura, risultano, di fatto, decriminalizzati. È questa la giustizia che vogliamo? A Gramsci, persona attenta, sensibile e profonda, di sicuro non sarebbe piaciuta.

Gioacchino Romeo

In data aprile 2018 alle ore 16:17:37, Francesco Caruso <francesco.caruso a giustizia.it> ha scritto:

Qualcosa di  fuorviante in questa nota redazionale, in sé e  rispetto al testo.
Per molti tribunali la ragionevole durata del processo e i mezzi escogitati per attuarlo sono pensati e  moralmente giustificati     dall’imperativo di “prevenire la protrazione nel tempo della sottoposizione del cittadino al potere dello Stato di giudicarlo”, anche in reati senza vittime.
Senza l’impegno alla riduzione dei tempi, quell’ ”interferenza” si aggrava, tutte le volte in cui la stessa non sia giustificata, come spiega l’autore.
Nelle  situazioni descritte  dall’articolo e con alte    percentuali di assoluzione,  mi viene da pensare che Gramsci apprezzerebbe.
Francesco Caruso

Da: Nuovarea [mailto:nuovarea-bounces a nuovarea.it] Per conto di Questione Giustizia
Inviato: venerdì 27 aprile 2018 14:32
A: nuovarea a nuovarea.it
Oggetto: [Nuovarea] Una lezione (attuale) di Gramsci sugli affari penali semplici


Turno affari di pronta definizione, turno reati di “fascia B” e, addirittura, turno reati di “fascia C”. I disegni organizzativi dei nostri tribunali e delle nostre procure – al lodevole scopo di far funzionare l’elefantiaca macchina della giustizia – escogitano congegni sempre più efficientisti, che tendono all’obiettivo della ragionevole durata del processo. Ma che rischiano di sottovalutare in modo grave la irripetibilità della vicenda di ciascun imputato e di ciascuna vittima. E, allora, occorre chiedersi con l’Autore – e con un osservatore d’altri tempi – se davvero questa sia la ragionevole durata di un processo; e – più gravemente – se davvero questa sia giurisdizione.

http://questionegiustizia.it/articolo/una-lezione-attuale-di-gramsci-sugli-affari-penali-semplici_27-04-2018.php



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