[Area] R: Significative parole sullla tragedia di Rebibbia

Celli Stefano stefano.celli a giustizia.it
Dom 23 Set 2018 19:50:59 CEST


Caro Felice, le tue affermazioni di principio possono essere condivisibili (per me non tutte, ma non è questo il punto), e del resto, come tutte le opinioni sono rispettabili.

Il problema nel caso di specie (a differenza degli arresti in flagranza che, appunto, sono in flagranza, cioè reati commessi sotto gli occhi di un carabiniere) non è la misura della sospensione, ma il fatto che sia stata adottata a tambur battente, meno di dodici ore dopo il fatto e accompagnata da dichiarazioni trionfalistiche (che sinceramente mi lasciano perplesso, siano fatte da un ministro, sia provengano - come talora capita - da un collega poco consapevole del dolore che comunque infligge).

Mi piacerebbe sapere sulla base di cosa il ministro ha adottato la sua decisione. E capire anche dove stesse il pericolo nel ritardo che, mi sbaglierò, giustifica l'adozione di provvedimenti così pesanti prima di una cognizione piena o almeno approfondita.
Questo ovviamente vale per tutti, vi siano o no alle spalle persone e gruppi che stimano le interessate ...

stefano celli

Il giorno 23 set 2018, alle ore 16:53, thorgiov <thorgiov a libero.it<mailto:thorgiov a libero.it>> ha scritto:


La mancata adozione di provvedimenti disciplinari fino a sentenza definitiva costituisce una prassi abnorme di tutte le Pubbliche Amministrazioni, che di fatto sospendono il relativo procedimento anche se non esiste alcuna norma di legge che lo imponga o lo consenta. Nella fattispecie in esame invece, una volta tanto, una sospensione cautelare almeno è stata disposta. Non so dire, ovviamente, se Bonafede nel merito abbia torto o ragione, perchè non conosco gli atti che sono stati messi a sua disposizione. Mi impressiona però che di fronte a tale provvedimento vi sia stata la reazione compatta di un intero blocco ideologico, di persone che non penso abbiano conoscenza diretta di quegli atti. Ribadisco quindi la mia convinzione : il vero capro espiatorio è quello che non è protetto da nessuno. Il vero capro espiatorio è il cane sciolto. Al contrario, i direttori di Rebibbia hanno fin troppi difensori, anche di ufficio.

FELICE  PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )

Il 23/09/2018 15:58, Francesco Maisto ha scritto:
Abbiamo significative esperienze di omessi provvedimenti disciplinari  delle  assl competenti per le carceri fino a sentenza. Anche per l’intervento degli ordini professionali sul DAP.
La fase della cautela non coincide sempre con il periodo necessario per le indagini.
Per il momento i capri espiatori sono i vertici di Rebibbia.


Il giorno dom 23 set 2018 alle 15:05 thorgiov <thorgiov a libero.it<mailto:thorgiov a libero.it>> ha scritto:

Allora anche i giudici penali, quando c'è una convalida di arresto, o di fermo, dovrebbero evitare di applicare misure cautelari, perchè sono sempre possibili ulteriori indagini. Comunque se la notizia sulla responsabilità dei medici dell'area esterna si rivelerà fondata e ci sarà una sospensione cautelare nei loro confronti, quanto ci scommetti che nessuno interverrà a difenderli pubblicamente ? Alla fine il vero capro espiatorio è quello che  non appartiene a nessuna cerchia e quindi non merita di essere difeso, secondo una logica settaria.

FELICE  PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )

Il 23/09/2018 12:13, Francesco Maisto ha scritto:
Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia
Aderente alla"Association Internationale des Magistrats de la Jeunesse et de la Famille" www.minoriefamiglia.it<http://www.minoriefamiglia.it>
Comunicato AIMMF
L’Associazione Italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia
Con riferimento alla tragedia maturata il 18 settembre scorso nel carcere romano di Rebibbia dove, in base alle notizie di stampa, una madre, detenuta da pochi giorni insieme ai propri figli, ha cagionato la morte della più piccola di quattro mesi e lesioni gravissime al più grande, ormai in stato di morte cerebrale, nello sconcerto e nel sentimento di disorientamento, commozione e pietà che un fatto così terribile suscita
richiama
la necessità che in ogni situazione traumatica in cui si trovino coinvolte le persone di minore età per eventi che incidono sulla regolare vita familiare vengano compiute approfondite osservazioni e valutazioni in ordine alla loro condizione di possibile pregiudizio, assunti interventi di immediata protezione in via amministrativa (v. art. 403 c.c.) e fomulata la dovuta segnalazione alle Autorità Giudiziarie minorili perché siano predisposti tempestivamente convenienti percorsi di tutela,
sottolinea
l’opportunità , in assenza di disposizioni normative specifiche, al fine di consentire una efficace comunicazione interistituzionale, che siano stipulati protocolli di intesa fra Procure della Repubblica per i Minorenni, Tribunali per i Minorenni, Procure della Repubblica Ordinarie, Forze di Polizia e Direttori delle strutture carcerarie tali da assicurare celeri informazioni al Pubblico Ministero Minorile nel caso di arresto di adulti o di applicazione o esecuzione di misure di restrizione in carcere in presenza dei figli minori, in modo da intervenire nel migliore interesse di questi ultimi e di consentire un confronto e una valutazione specializzata in un sistema di rete e di corresponsabilità di tutti gli operatori coinvolti,
sottolinea
come tale modalità operativa concernente il fondamentale raccordo fra più istituzioni con compiti differenti, sia stata recepita in toto dalla recente risoluzione del CSM in data 18 giugno 2018 relativa all’organizzazione e all’attività delle Procure della Repubblica per i Minorenni,
ribadisce
infine l’urgenza di implementare con l’impiego, non più rinviabile, di necessari mezzi e congrue risorse economiche modalità adeguate di detenzione di madri e bambini in contesti rispondenti alle esigenze di questi ultimi, i quali rischiano di diventare le vittime di una situazione che non hanno contribuito a creare e in cui , spesso, non hanno “ voce” per esprimere i propri bisogni
Il Segretario generale Il Presidente Susanna Galli Maria Francesca Pricoco

Il giorno dom 23 set 2018 alle 00:21 Francesco Maisto <francescomaisto2 a gmail.com<mailto:francescomaisto2 a gmail.com>> ha scritto:
E quindi avrebbe dovuto aspettare prima di prendere provvedimenti tanto drastici in mancanza di accertamenti, tenuto conto del tempismo.
Senza l’80% di quelle Associazioni il carcere sarebbe un lager

Il giorno sab 22 set 2018 alle 22:41 thorgiov <thorgiov a libero.it<mailto:thorgiov a libero.it>> ha scritto:

Benissimo, lasciamo che sia il ministro a capirlo. Da solo, però, senza il contributo delle varie associazioni menzionate nella tua missiva, che non fanno certo parte del dicastero.

FELICE  PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )

Il 22/09/2018 20:33, Francesco Maisto ha scritto:
Quello delle carceri è un territorio impervio con una difficile individuazione delle competenze tra DAP., Magistrature e Servizio Sanitario Regionale e Assl.
Qui sono stati presi provvedimenti esemplari nei confronti dei vertici di Rebibbia in prima battuta ed ora cominciano a capire che forse c’e Una responsabilità dell’area sanitaria esterna.
Francesco Maisto

Il giorno sab 22 set 2018 alle 17:06 thorgiov <thorgiov a libero.it<mailto:thorgiov a libero.it>> ha scritto:

Dire che la responsabilità è di tutti è un modo molto comodo per dire che la responsabilità non è di nessuno. Tutto molto italiano. Anzi, molto cattolico. Non conosco bene i fatti e per tale motivo non mi sento di dire che la colpa di ciò che è accaduto è anche dei vertici dell'istituto. Però noto che appena viene toccata una persona che appartiene ad un determinato mondo, scatta automaticamente la solidarietà nei suoi confronti, che è una solidarietà a prescindere. Mi viene in mente l'atteggiamento che è stato tenuto per molti anni nei confronti della comunità Il Forteto a Firenze.

FELICE  PIZZI  ( Giudice del contenzioso a Napoli Nord )

Il 22/09/2018 10:57, Francesco Maisto ha scritto:
Non solo percezioni di Marco Paternello
Buona lettura.
Francesco Maisto
La tragedia di Rebibbia: non si aggiungano danni alla tragedia provocata da una mamma detenuta
Lettera aperta di volontari, cappellani, operatori del sociale, del mondo del lavoro, della cultura, dello sport, della salute
La tragedia che si è consumata a Rebibbia ci ha lasciati senza fiato. Un dolore e un orrore che ha travolto tutti: i due bambini innanzitutto, quella madre che forse ancora non è consapevole di quello che ha fatto, tutti gli operatori dell’Istituto, le oltre trecento donne lì detenute, le loro famiglie e anche noi volontari, cappellani, operatori del sociale, del mondo del lavoro, della cultura, dello sport, della salute che ogni giorno entriamo in carcere per dare il nostro contributo affinché la pena risponda sempre più alle finalità dettate dalla Costituzione.
Abbiamo accolto tutto questo dolore in un silenzio rispettoso, vicini alle donne detenute, al loro smarrimento e dolore. Abbiamo cercato di comprendere i tanti tasselli di una vicenda che ha avuto un epilogo così drammatico.
Conosciamo la complessità del carcere, dei suoi problemi, della sua gestione. Ma conosciamo anche bene l’impegno da sempre profuso dalla Direzione dell’Istituto femminile di Rebibbia per fare del carcere un luogo di reinserimento, di riflessione, di presa di coscienza, di riappacificazioni delle detenute con sé stesse e con le persone che hanno sofferto per le loro colpe, di crescita culturale e molto altro ancora. Sappiamo dell’attenzione con cui le donne sono seguite e ne condividiamo le scelte operative, dell’apertura dell’Istituto al territorio e alle sue Istituzioni, come la scuola materna del quartiere che accoglie ogni giorno nelle sue classi i bambini della Sezione nido.
Ed è per questo che sentiamo il dovere di rompere il silenzio.
Pensare di dare una risposta risolutiva a questo dramma scaricando sulla Direzione e sulla Vice-comandante la responsabilità di quanto è successo è un grave errore. Le responsabilità sono tante e nessuno - nemmeno noi - può pensare di tirarsene fuori, trovando un colpevole che paghi per tutti.
Il dramma dei bambini in carcere è noto a tutti. La legge del 2011 ha tracciato una linea che prevede una collocazione alternativa al carcere per mamme e bambini, ma la sua applicazione fatica a trovare pienezza. Il disagio sociale sempre più presente all’interno degli Istituti di pena non è certo una novità e troppo spesso il peso di tale problema è affidato al personale di Polizia penitenziaria. Gli Enti locali faticano a dare risposte a chi esce dal carcere e cerca di ricominciare una vita diversa. I cittadini molto spesso si oppongono alla nascita di strutture di accoglienza, come le case famiglia per le donne detenute con figli.
Colpire i vertici della Casa circondariale femminile di Rebibbia significa, per noi, aggiungere danni alla tragedia provocata da una mamma detenuta.
A buon diritto
Arci
A Roma Insieme
Associazione Articolo 21 - Liberi di
AS.VO.PE<http://AS.VO.PE>. - Palermo
Associazione Antigone
Associazione Controluce – Pisa
Associazione Fuoririga – Casal del Marmo
Associazione Liberamente - Cosenza
Associazione Sarda per l'attuazione della riforma psichiatrica
Associazione Semi di Libertà onlus
Associazione Spondé onlus
Associazione Volontari In Carcere/Caritas di Roma
Atletico diritti
Cibo Agricolo Libero
Comunità di Sant’Egidio
Comunità Papa Giovanni XXIII
Conferenza nazionale Volontariato Giustizia
Conferenza per la Salute mentale nel mondo “Franco Basaglia”
Cooperativa Con-Tatto
Cooperativa Sociale Concordia onlus
Coordinamento Regionale “Tino Beiletti” - Piemonte e Valle d’Aosta
Coordinamento SEAC - Calabria
Coordinamento SEAC - Veneto
Festival dei matti
Fondazione Franco e Franca Basaglia
Fondazione Zancan
Forum nazionale per la salute in carcere
Forum salute mentale nazionale
Gruppo Idee laboratorio ricuciamo
GRUSOL Gruppo solidarietà
I Cappellani degli Istituti di Rebibbia
La Fraternità - Verona
Magistratura democratica
Men at work onlus
Nessuno tocchi Caino
Oltre le sbarre
Osservatorio Stopopg per la salute mentale
Panta Coop arl onlus
Ristretti orizzonti
SEAC
Sesta città di rifugio
Sesta opera San Fedele - Milano
Sesta Opera San Fedele - Rieti
Società Cooperativa e-Team
Società di San Vincenzo De Paoli
Ucsi – Unione cattolica stampa italiana
Unasam
Vo.Re.Co<http://Vo.Re.Co>.

Il giorno sab 22 set 2018 alle 09:05 thorgiov <thorgiov a libero.it<mailto:thorgiov a libero.it>> ha scritto:

Chiaramente Marco Patarnello ha una conoscenza del mondo penitenziario che gli viene dall'esperienza maturata nel campo da molti anni. Al contrario il ministro che ha adottato in via cautelare, e quindi provvisoria, il provvedimento di sospensione non ha quella esperienza, ed è probabile che sia stato influenzato anche dal sentimento di indignazione dell'opinione pubblica di fronte ad una vicenda così grave. Però non ha senso criticare l'operato del ministro solo perchè si conoscono personalmente i funzionari colpiti dalla sospensione. La conoscenza personale spesso non consente di esaminare le vicende con la necessaria asetticità, se non altro perchè occorre distinguere sempre l'ambito penale da quello amministrativo. In altri termini, può verificarsi che un comportamento alla fine non costituisca reato, e che tuttavia sia censurabile sotto il profilo disciplinare. Il giudizio non è una attività di competenza esclusiva dei magistrati.

FELICE  PIZZI ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )

Il 21/09/2018 19:29, Costanzo Antonio ha scritto:
Mondo alla rovescia? Non mi pare.
La testimonianza di Marco Patarnello mi colpisce, la trovo molto ricca (di esperienza, di riflessione, di misura e umanità) ed efficace, per chi la vuole comprendere: e mi riferisco al cittadino medio, che non conosce il sistema giudiziario né quello penitenziario (io stesso, che faccio il giudice civile, assai poco so dell’esecuzione della pena).
Credo che faccia parte del mestiere di magistrato anche raccontare fatti, spiegare ai non addetti ai lavori quello che a noi capita di osservare quotidianamente e che a volte può apparirci scontato mentre tale non è, dare elementi di riflessione,  se del caso seminare dubbi.
Sappiamo tutti quanto sia importante, decisiva, oggi la comunicazione pubblica. Che richiede l’uso di tecniche ben precise. Poco familiari, forse, alle associazioni dei magistrati.
Se ogni tanto si leva la voce misurata e competente di un magistrato (e alcuni e alcune di noi sono davvero molto bravi nel comunicare), mi sembra solo un bene.
Antonio Costanzo, trib. BO


Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di thorgiov
Inviato: venerdì 21 settembre 2018 18:26
A: area a areaperta.it<mailto:area a areaperta.it>
Oggetto: Re: [Area] R: Significative parole sullla tragedia di Rebibbia


Però è paradossale. Spesso da parte della politica è stato mosso  ai magistrati il rimprovero di voler cercare un colpevole subito e a tutti i costi, secondo una logica giustizialista, per assecondare gli istinti vendicativi delle masse. Qualcuno ricorda il periodo di Mani Pulite, cui seguì il periodo della restaurazione berlusconiana? Parimenti, da parte dei magistrati la politica è stata spesso accusata di non voler intervenire in sede amministrativa, prima e indipendentemente dall'accertamento penale, nei confronti di persone che avevano violato delle regole di legge o di prudenza. Ora c'è un rovesciamento dei ruoli : la politica interviene tempestivamente e i magistrati ( o meglio alcuni magistrati ) la accusano di giustizialismo sommario. Per l'appunto, un mondo alla rovescia.

FELICE   PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )

Il 21/09/2018 14:21, Gianfranco Gilardi ha scritto:
Si vorrebbe sentire qui spesso parole come queste e, soprattutto, si vorrebbe che parole come queste servissero a risvegliare le coscienze ed a far ritrovare il senso delle istituzioni.
Gianfranco Gilardi


Il Ven 21 Set 2018, 12:17 Marcello Basilico <marcello.basilico a giustizia.it<mailto:marcello.basilico a giustizia.it>> ha scritto:
Le parole di Marco Patarnello ci mettono sotto gli occhi un tema più generale, divenuto ormai nodale nella comunicazione e nella politica di oggi: la ricerca del colpevole subito e ad ogni costo, figlia della logica semplificatrice che ormai si utilizza nella soluzione dei problemi più complessi.
  Chi, se non noi magistrati, può segnalare ad alta voce, ogni volta che può, che questa logica è sbagliata e conduce a soluzioni sbagliate?
  Grazie a Marco e a Francesco Maisto
                               Marcello Basilico

Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it<mailto:area-bounces a areaperta.it>] Per conto di Francesco Maisto
Inviato: venerdì 21 settembre 2018 11:41
A: Area Md- Movimenti; ISCRITTI
Oggetto: [Area] Significative parole sullla tragedia di Rebibbia

Ma i politici evitino processi sommari

[PDF]<http://www.ristretti.org/pdf/Le-Notizie-di-Ristretti/ma-i-politici-evitino-processi-sommari.pdf?format=phocapdf>

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di Marco Patarnello



La Repubblica, 21 settembre 2018



Caro direttore, faccio il magistrato penale da quasi trent'anni, ho visto da vicino tante terribili vicende umane e da due anni sono il magistrato di sorveglianza per Rebibbia Femminile, sebbene solo per le detenute definitive. Osservo i numerosi interventi mediatici di queste ore successive alla tragedia accaduta lunedì, che ha visto due bimbi uccisi in carcere dalla loro mamma e sento il bisogno di dire alcune cose.

Davanti a tragedie così, che ci costringono a guardare il buio senza fine che può esserci nell'animo umano penso che la reazione più giusta e matura dovrebbe essere il silenzio o per lo meno una rigorosa misura: pensare di avere la chiave per comprendere a caldo eventi come questi, le loro cause, le loro ragioni o addirittura la convinzione del senno di poi di poterli prevenire, individuando le responsabilità che li hanno prodotti, più che velleitario credo che sia superficiale e alluda al bisogno di cercare un responsabile per consentire a ciascuno di noi di scrollarsi di dosso quella parte di responsabilità collettive che ci appartengono, per le inadeguatezze e la fallibilità delle nostre pur sofisticate dinamiche sociali, civili, giuridiche.

Soprattutto da parte di chi ha alte responsabilità istituzionali, cercare o addirittura additare in chi ha operato ogni giorno da decenni a questa parte in prima linea nel luogo della sofferenza e della esecuzione della pena - cui nessuno rivolge uno sguardo se non per puntare il dito, dove tutte le contraddizioni di un ordinamento ricco di aspirazioni ideali e privo di ogni risorsa vengono a collidere sui corpi e nelle menti di persone in carne ed ossa, conservando la massima attenzione ai diritti dei detenuti, con enorme sacrificio personale - mi sembra un modo piccolo, ma antico, di guardare e affrontare i problemi. Raramente nel corso della mia vita professionale ho trovato professionisti più attenti e sensibili di quelli che finora hanno retto, a diverso titolo, la direzione di quel carcere. E so di non essere l'unico.

*Magistrato di sorveglianza per il carcere femminile di Rebibbia
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