[Area] Prescrizione - l'esperienza di una Corte di Appello

Domenico Pasquariello domenico.pasquariello a giustizia.it
Mer 7 Nov 2018 11:34:42 CET


Come ci ricorda Claudio Castelli, la riflessione dogmatica e di principi di sistema non può prescindere dalla considerazione del dato di realtà, sul quale ci hanno richiamato anche Carlo Citterio e Furio Cioffi (non a caso colleghi con esperienza d’appello, e non solo), e da una visione esperienziale d’insieme del processo nei vari gradi.
E allora pochi numeri per fotografare l’Appello di Bologna, cioè lo stato della giurisdizione e del funzionamento del processo in questa regione:
19.000 processi penali pendenti per 20 magistrati in organico (organico da poco aumentato, di poco) e non coperto, che risaliva all’epoca in cui la Corte era giudice d’appello per i soli processi di tribunale, non del pretore, cioè grosso modo del tribunale collegiale attuale, ed in cui vi erano solo imputati italiani);
6-7000 sopravvenienze annue medie;
5.000 definiti all’anno, lavorando molto ed abbassando inevitabilmente la qualità (facendo aumentare il lavoro a valle di cassazione) compresi i Parmalat, Aemilia che, duplicati\quadruplicati (abbreviato, dibattimento e gli inevitabili, con decine di imputazioni, annullamenti con rinvio dalla cassazione);
debito di circa 1000 processi l’anno che si accumulano fra quelli che non si potranno fare mai, a situazione data;
23% di definizioni con prescrizione (e potrebbero essere di più, poiché dei già prescritti sono pieni gli armadi).
Questa situazione, che significa che un processo su quattro fatto in primo grado viene buttato nella spazzatura (con relativo spreco di risorse: polizia giudiziaria, PM, cancellieri etc etc), obbliga all’organizzazione orientata alla riduzione del danno: lettura e selezione ponderata degli appelli secondo virtuosi criteri di priorità (senza furbate per far numero), immediata destinazione alla futura prescrizione dei processi che non si potranno fare mai, a situazione data.
In conclusione di fatto c’è l’azione penale discrezionale (virtuosa, trasparente nei criteri, se va bene), casuale od arbitraria (se va male), unita allo spreco del 25% delle risorse, e ad un 25% di denegata sostanziale giustizia.
Sarebbe necessario un sistema di programmi organizzativi non monadistici, ma coordinati tra primo e secondo grado (in sostanza: assegnare le cifre del fattibile agli uffici di primo grado, tanto quello fatto in più va nella spazzatura della prescrizione)
Questo è.
In questa situazione già la riforma Orlando ha peggiorato la situazione: non si farà un solo processo in più, le prescrizioni saranno quelle di prima e saranno dichiarate più tardi.
E’ su questa situazione che è necessario intervenire, prima di riformare l’istituto della prescrizione, con le varie misure già variamente segnalate: aumento organici, riforma dell’appello, appello monocratico per contravvenzioni e delitti minori e\o limiti all’appellabilità.
Introdurre l’imprescrittibilità dopo un evento (quale che sia, esercizio azione penale o condanna primo grado) processuale nello scenario ricorrente della situazione delle corti d’appello, comunque non deflaziona le impugnazioni (in ogni caso è obiettivo defensionale procrastinare più possibile il passaggio in giudicato) e significa solo passare dal 23% di prescrizioni al 23% di sentenze in giudicato mai.
        Mimmo pasquariello


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Da: Area <area-bounces a areaperta.it> per conto di Claudio Castelli <claudio.castelli a giustizia.it>
Inviato: mercoledì 7 novembre 2018 10:26
A: area a areaperta.it
Oggetto: [Area] Prescrizione - l'esperienza di una Corte di Appello

In tema di prescrizione credo sia opportuno ragionare sulla base di esperienze concrete. Parto dalla mia esperienza ovvero la corte d’appello di Brescia, Corte dove la percentuale di prescrizioni, con sentenza in generale predibattimentale, arriva quasi al 25%.
Il problema delle Corti non è prevalentemente la pendenza dei processi, ma l’enorme difficoltà a curare la fase successiva riguardante il post dibattimento e l’esecuzione. Per fare dei numeri relativi ovviamente alla Corte che presiedo oggi abbiamo circa 6000 pendenze, un buon risultato (frutto di un eccezionale sforzo ed impegno di magistrati e personale) se si tiene conto che nel 2011 eravamo arrivati a 11.000, ma quanto più preoccupa è il numero di sentenze in attesa di notifica (circa 3000) e da eseguire, in numero analogo. Ciò è derivato dalla drammatica scopertura di personale amministrativo, anche oltre il 30%, avutasi in questi anni, che aveva fatto sì che venivano affrontate e curate solo le urgenze. Anche in relazione alle pendenze quando sono arrivato poco più di due anni fa più di metà riguardavano fascicoli iscritti prima del 2013. Con l’arrivo dei nuovi assistenti, segno di un chiaro mutamento di politiche che non possiamo che sperare che continui, ora c’è una seria possibilità di recuperare l’arretrato. L’intervento sulla prescrizione, al di là del fatto che riguarderà soltanto i reati commessi successivamente alla modifica normativa, e che pertanto ne beneficeremo solo tra qualche anno, può aiutarci in quanto presumibilmente disincentiverà una quota di appelli puramente dilatori, anche se i tassi di impugnazione, un po’ inferiori rispetto a quelli nazionali riguardano solo il 23,08% (dato 2016 -2017) delle sentenze emesse nel distretto (comprese n.d.p. e assoluzioni). Non è comunque risolutivo. Il primo problema è quello di avere un’ulteriore forte innesto di personale e di personale qualificato, il cui ruolo è essenziale in particolare nel settore penale. Se ciò venisse fatto potremmo in tempi ragionevoli eliminare l’arretrato sia come pendenze, sia come postdibattimento, sia come esecuzioni. Il blocco della prescrizione comunque interverrebbe su una fascia estremamente limitata di procedimenti, dato che nell’ultimo anno giudiziario nel distretto a fronte di circa 1000 sentenze di prescrizione dichiarate in Corte si sono avuti 7000 decreti archiviazione e quasi 1300 sentenze di non doversi procedere per tale causa negli Uffici GIP e dibattimento penale dei Tribunali del distretto.
Se si tratta di un primo passo, accompagnato da una forte iniezione di risorse in particolare come personale amministrativo, è più che ragionevole, se si pensa possa essere la soluzione è gravemente errato.
La realtà è che occorre ripensare radicalmente il processo e in particolare le impugnazioni. Il nostro sistema afflitto da panpenalismo non è in grado di far fronte in modo efficace all’enorme carico penale. Ciò è stato aggravato dalle tendenze produttivistiche diffusesi negli uffici giudiziari con un enorme numero di citazioni dirette che ha prodotto percentuali estremamente elevate di assoluzioni.
A fronte di ciò la prescrizione viene ad avere l’effetto calmieratore e di tenuta del sistema che per oltre quarant’anni avevano avuto le periodiche amnistie.
Contenerla con la sospensione dopo la sentenza di primo grado, sia pure in un segmento finale, ha un senso di giustizia, ma nel contempo non illudiamoci che risolva i problemi, dato che la diminuzione di impugnazioni rischia di essere compensata dall’aumento delle pendenze per processi non più definibili per prescrizione.
Da ciò una valutazione che inevitabilmente è complessa, ma che rimanda alla necessità di una radicale revisione di un sistema che funziona male e che oggi richiede a più soggetti enormi sforzi (e costi umani ai cittadini) con risultati insoddisfacenti.
                                                                       Claudio Castelli – C.A. Brescia

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