[Area] AreaDG sulla separazione delle carriere nel d.d.l. costituzionale in materia di giustizia

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Mar 26 Mar 2019 23:51:48 CET


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*AreaDG  sulla separazione delle carriere *

*nel **d.d.l. costituzionale in materia di giustizia *

Il d.d.l. costituzionale in materia di giustizia (si tratta di modifiche
agli artt. 87, 104, 105, 106, 107, 110 e 112 Costituzione e
dell’introduzione di un nuovo art. 105 bis) distrugge la magistratura
costituzionale e apre scenari in cui vengono attaccati e messi a rischio
l’indipendenza e l’autonomia della magistratura.

*Areadg ha organizzato su questo tema un convegno nazionale che si terrà il
prossimo 13 maggio 2019 dalle ore 14.00 presso le Sale del Convento San
Domenico  in  Bologna, di cui diffonderemo a breve il programma. Riteniamo
importante fornire qualche anticipazione sui contenuti di un testo
che suscita gravissime preoccupazioni.*

Il d.d.l. attualmente in discussione avanti la Commissione Affari
Costituzionali prevede quattro diversi interventi:

-         *la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e
requirenti con l’accesso per concorsi separati*,

-         *la creazione di due diversi CSM, uno per i magistrati giudicanti
ed uno per i magistrati requirenti;*

-         *un diverso rapporto tra magistrati eletti e membri laici
nominati dal Parlamento, portati  da due terzi ed un terzo a metà e metà;*

-  *la possibilità di un “un reclutamento parallelo” di avvocati in
magistratura;*

-         *una forte attenuazione dell’obbligatorietà dell’azione penale.*

Sono proposte indirizzate a dividere la magistratura ed a rendere più forte
il potere esecutivo: una chiara alterazione del necessario equilibrio tra i
poteri dello Stato ed uno stravolgimento complessivo della nostra Carta
costituzionale.

Si dirà che è una scelta necessaria, anzi tardiva, data la riforma del
processo penale del 1989 e dell’art.111 della Costituzione, o che
semplicemente risponde all’esigenza di uniformare l’ordinamento giudiziario
del nostro Paese a quelli delle altre nazioni occidentali.

Non è proprio così:

*Parità delle parti nel giudizio e contraddittorio non significano in alcun
modo specularità delle funzioni di accusa e difesa:* compito del Pubblico
Ministero, organo pubblico, è quello di svolgere le indagini, di prendere
le proprie determinazioni all’esito e di sostenere l’accusa nel giudizio
laddove quello, indefettibile, del difensore, professione privata, è quello
di difendere facendo l’interesse preminente del cittadino accusato.

Non esiste un appiattimento dei giudici sulle richieste della Pubblica
Accusa; al contrario le statistiche esistenti evidenziano un elevato tasso
di assoluzioni nel merito, così come, presso gli uffici del G.I.P., una
significativa quota di richieste di misure cautelari non accolta.

Si tratta, con evidenza, di affermazioni fondate su un’idea sbagliata del
lavoro dei giudici per cui le decisioni dei tribunali verrebbero adottate
non già dal più rigoroso rispetto delle regole processuali ed in
particolare di quelle attinenti la valutazione della prova (o dei gravi
indizi in sede cautelare) quanto piuttosto in modo parziale, per una
precostituita adesione all’orientamento culturale del p.m.

Pensare o addirittura prospettare come obiettivo di questa riforma che la
radicale separazione (forse un desiderio di contrapposizione?) tra Pubblici
Ministeri e Giudici favorisca un esito diverso dei processi è quindi in
primo luogo l’espressione di un infondato pregiudizio riguardante
l’attività dei magistrati nel loro complesso. Del resto, ad ulteriore
testimonianza del fatto che si sta parlando di un falso problema,  sotto il
profilo delle funzioni svolte dal singolo magistrato nel corso della
carriera, da diversi anni oramai, sia per esigenze di specializzazione che
per l’applicazione di rigide limitazioni ai mutamenti, i numeri dei
passaggi da funzioni giudicanti a requirenti e viceversa risultano sempre
più ridotti e spesso limitati alla sola prima fase della vita professionale.

Quali allora i vantaggi per i cittadini?

Forse ridisegnare la figura del P.M. da ricercatore della verità, e quindi
anche di indizi e prove a favore dell’accusato, a strumento dell’accusa
dedito a cercare di esaltare solo gli elementi a sfavore della persona
soggetta alle indagini porterà, solo per questo, ad un più “giusto
processo”?

L’idea che una separazione delle carriere possa irrobustire il ruolo del
giudice esaltandone la terzietà è del tutto infondata: in un Paese nel
quale tutta l’attenzione mediatica è sulle Procure e sulla fase delle
indagini, la separazione delle carriere vedrebbe ancor più rafforzarsi il
Pubblico Ministero ed il suo ruolo di “interprete” delle esigenze di difesa
sociale. Ciò che si intravede dietro l’angolo, poi, non può che essere la
progressiva sottoposizione della pubblica accusa all’esecutivo.

La strada maestra è un’altra: mantenere il P.M. strettamente ancorato alla
comune cultura della giurisdizione, perseguire un’osmosi delle funzioni
svolte ed una continuo confronto/collaborazione tra uffici giudicanti e
requirenti, coinvolgendo in questo anche l’avvocatura.

***

Il Consiglio Superiore viene indebolito e normalizzato con plurimi
interventi. Viene anzitutto dimezzato con la creazione di un C.S.M.
giudicante ed uno requirente. I suoi poteri vengono limitati prevedendo che
ulteriori competenze possano essere attribuite solo con legge
costituzionale. Competenze attribuite dalla legge come quelle in tema di
organizzazione tabellare o di collaborazione sulle linee guida in tema di
formazione non sarebbero più possibili; la conseguenza in un rapporto di
diarchia come quello delineato dalla Costituzione con il Ministero della
Giustizia sarebbe inevitabilmente di rafforzare enormemente Governo ed
esecutivo.

La composizione di entrambi i Consigli Superiori deprime la presenza dei
magistrati, non più i due terzi dell’organo, ma solo la metà. Non solo: non
si parla più di “eletti”, ma di “scelti”, aprendo la strada a pericolose
modalità di cooptazione.

E’ il disegno (o il desiderio?) di un C.S.M. ridotto ad *ufficio del
personale* della magistratura, con una pesante ingerenza dell’esecutivo e
senza più un rapporto di rappresentanza con la magistratura.

***

Viene introdotta la possibilità di un reclutamento laterale di avvocati e
professori universitari come giudici in tutti i livelli della magistratura;
la norma in esame sembra non tener conto del bilancio, finora non
entusiasmante dell’attuale art.106 co. 3 Costituzione. A differenza di
quanto si proponeva il costituente non si è riusciti a coinvolgere i
migliori avvocati e luminari semplicemente per il fatto che per un
professionista o professore affermato non è conveniente accedere alla
Cassazione. Consentire un accesso generalizzato, a quanto si legge senza
concorso, semplicemente con una nomina consiliare rischia di dare l’avvio a
forme di “reclutamento parallelo” di cui non si ravvisa davvero la
necessità. Si tratta di norma che, in uno con la “nuova” composizione del
C.S.M. sembra aprire la strada ad una magistratura di nominati da parte di
un organo numericamente condizionato dall’esecutivo o quanto meno dalle
forze politiche di maggioranza.

***

Infine viene attenuata l’obbligatorietà dell’azione penale aggiungendo in
Costituzione l’inciso “nei casi e nei modi previsti dalla legge.” Aggiunta
che per quanto all’apparenza innocua o al più criptica, apre la porta alla
cancellazione, di fatto, del principio di obbligatorietà dell’azione penale
che fino ad oggi ha significato eguaglianza dei cittadini di fronte alla
legge.

E’ vero, sono note le difficoltà che si oppongono ad una effettiva
realizzazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale; troppo
elevati i numeri, si assisterebbe di fatto ad una selezione discrezionale
dei processi “da fare” ad opera dei magistrati delle Procure. Meglio allora
attribuire queste scelte al Parlamento...

Ancora una volta ci si fa schermo di un concreto problema di gestione di
numeri e sopravvenienze dato soprattutto dalla *panpenalizzazione* imperante
proponendo una soluzione dietro la quale si prospetta un concreto
pregiudizio ad un principio fondamentale della nostra Costituzione, quello
dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

*Il Coordinamento nazionale di Area Democratica per la Giustizia*
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