[Area] sui nuovi semidirettivi

mario ardigo marioardigo a yahoo.com
Lun 15 Lug 2019 20:00:09 CEST


  Secondo l'art. 105 della Costituzione una delle prime ragioni d'essere del CSM è proprio quella di essere proprio un nominificio. Leggiamo infatti:Spettano al Consiglio superiore della magistratura , secondo le norme sull'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati. La riforma che si progetta sottrae sostanzialmente al CSM il potere sulla governance  degli uffici, vale a dire sull'assetto dei loro stati maggiori. Non solo facendo di gran parte delle figure apicali solo dei vice di monarchi assoluti, ma entrando nel merito delle procedure di scelta di questi ultimi richiedendo consultazioni talmente pletoriche e formalmente obbligatorie che, una volta che si riesca in qualche modo a incoronarli, perché di questo propriamente si tratterà, sebbene con possibilità infinita di ricorsi alla giurisdizione amministrativa per la complessità della procedura formale, sarà ben difficile che il CSM possa essere di fatto legittimato a disporre alcunché nei loro confronti. Negli anni passati il CSM, invece, non si è limitato ad nominare  i dirigenti, ma, come corollario delle nomine, è entrato nel merito delle dinamiche organizzative degli uffici. Ne sono prova i volumi del Codice dell'organizzazione  che sono consultabili su <https://www.csm.it/web/csm-internet/-/inserire-titolo-nuovo-sistema-informativo>.

 Nel disegno di riforma non vi è poi in alcun modo, per ciò che ho compreso ma correggetemi se sbaglio, un ruolo collegiale dei magistrati addetti all'ufficio nel collaborare alla sua direzione, secondo gli auspici dei giovani magistrati che negli anni '60 iniziarono l'epopea della magistratura italiana che va a concludersi ai tempi nostri. Essi torneranno ad essere, come sono stati fino agli anni '50, semplicemente magistrati in sottordine,  così li si definiva nell'Ordinamento giudiziario approvato nel 1941, ai tempi che quella data può far bene immaginare quali fossero. Questo sarà già grave nella magistratura giudicante, ma lo sarà ancor più negli uffici del Pubblico ministero, perché lì la libertà di determinazione sul caso singolo affidato non ha il presidio che circonda l'attività propriamente giurisdizionale, si opera per gruppi di lavoro allargati, non di poche persone come tra i giudicanti, e si dovrà fare come vuole il capo, pena, tra l'altro, la stroncatura delle carriere.  Che succederà? Per diventare capo non basterà più solo far colpo sul CSM, ma assicurarsi il favore di tutti gli altri gruppi che avranno obbligatoriamente voce nelle consultazioni sulle nomine e il rischio è, fatalmente, che la cosa finisca nello scambio, nel dare per avere, in particolare nel promettere per avere,  in particolare per assicurarsi  la complicità di colleghi degli uffici che si vorrebbe andare a dirigere. Tra i principali titoli per essere incoronati dirigenti di un ufficio rimarrà, come ora, il precedente servizio di direzione di qualcosa, in particolare, nel nuovo sistema, come vice: quei posti di vice saranno totalmente nelle mani dei capi degli uffici, che potranno così  aprire la via o stroncare. Per questa strada la fedeltà assoluta ad un capo, il compiacerlo, diverrà uno dei requisiti indispensabili per soddisfare le proprie ambizioni. Può temersi allora una degenerazione analoga a quella che a volte viene alla luce nelle procedure di nomina universitarie, perché ci sarà il rischio della formazione di una casta  di capi degli uffici, legati da rapporti di debito e di credito per pregressi favori, e ogni rischio è tale perché vi è la possibilità che si avveri, ed essa è tanto maggiore quante minori remore incontrerà e quindi tanto maggiore quanto più depotenziato sarà il CSM. E il CSM lo sarà, e molto. L'attuazione del disegno costituzione di una repubblica popolare democratica è stato legato, secondo le norme della Costituzione,  ad una magistratura indipendente da ogni altro potere, quindi anche autonoma, con un sistema di autogoverno  per realizzare quell'indipendenza, legittimata solo dalla comune cittadinanza e dalla capacità di esercitare razionalmente l'arte giuridica, in un contesto, però, in cui importantissimi valori umanitari e democratici non sono enunciati solo come tali, come potrebbero esserlo in un libro di filosofia o di teologia, ma divengono leggi fondamentali della Repubblica. Chi vorrebbe una magistratura insensibile ai valori  politici, pensa quindi ad una magistratura diversa da quella disegnata dalla Costituzione vigente, dove, ad esempio, il valore politico  dell'uguaglianza in dignità  è legge formale suprema, così come i valori  politici  connessi al lavoro    e  si dà a ciascuno il suo, in sede giudiziaria, anche assicurando la dignità dei lavoratori, senza distinzione di sesso, di razza (anche se si proviene dall'Africa su un barcone), di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. ll CSM è stato lo strumento per realizzare l'autonomia e indipendenza di una magistratura  voluta  così dai Costituenti,   e mantenuta  così fino ad oggi da una politica che aveva tra i suo principali scopi non tanto la riforma ma l'attuazione  dei valori politici costituzionali, perché quella magistratura facesse vivere in concreto quei valori umanitari e democratici. Compito della magistratura è infatti di realizzare un diritto vivente.  In questo contesto il compito tradizionale del dare a ciascuno il suo  e di punire chi fa del male ad altri, insegnato dai maestri dell'antichità come compito principale della giurisdizione, veniva caratterizzato da quell'altra missione attribuita ai giurisdicenti da quei maestri, il  vivere onestamente, interpretata come fedeltà a quei valori politici fondamentali. In un contesto in cui la politica,  non sfigura il magistrato e lo rende addirittura incompatibile con il ritorno ad esercitare la giurisdizione, secondo la riforma,  perché non lo rende  parziale, ma è la grande  politica, quella ispirata ai massimi valori umanitari e democratici, quindi non perseguimento dell'interesse di parte, ma servizio  nell'interesse di tutti e, in questo senso, omnicrazia, secondo la bella espressione trovata da Aldo Capitini tanti anni fa.  La riforma colpisce duramente il CSM e il ruolo costituzionale del magistrato. Si propone di contrastare il correntismo associativo, ma purtroppo finisce con il mettere la magistratura nelle mani di potentati di casta molto sensibili agli influssi locali, senza tener conto dei quali non si potrà più far carriera. Ma non sono tanto in questione fatti di potere, quanto i valori  costituzionali. Il  diritto vivente. Del resto verso quei valori si notano sempre più segni diffusi di insofferenza. E si capisce come a ciò corrisponda anche il volere una magistratura diversa. Ma non credo però che negli attuali riformatori questo sia un disegno consapevolmente voluto, piuttosto sarà l'effetto prevedibile, e per la verità però in linea anche con lo spirito dei tempi, di tante cose messe insieme per rimediare a certi mali che di recente hanno avuto manifestazione eclatante, senza però tener conto di altri mali che da quell'insieme potrebbero conseguire. Improvvisamente si ha molta fretta, del resto mai come ora la magistratura  è stata debole nella società e disunita e quindi non potrà opporsi efficacemente, e la fretta non è mai buona consigliera, in particolare nelle riforme istituzionali. Ci si para davanti un disegno di legge che una volta veniva definito balneare, quando d'estate certe cose possono passare con meno ostacoli perché l'attenzione pubblica è meno viva. Così, qualche anno fa, ci tagliarono di botto un terzo delle ferie, mentre noi si era tutti in ferie. Fu un'umiliazione per noi. Ma mai come quella che stiamo subendo in questi giorni, con la nostra vita professionale che potrebbe virare in un inferno in terra. Di questo si tratta, in effetti; chi ha esperienza di vita giudiziaria può prevederlo fondatamente. Questo però è il meno. Noi siamo solo strumenti e lo strumento si può anche spezzare se effettivamente spezzarlo serve per lo scopo che ci si propone, e vale la pena di spezzarlo. E così è effettivamente accaduto, sapete: tra noi non ci sono stati solo carrieristi. Chiedetevi, ora, se  vale la pena di spezzare  la vostra magistratura.Mario Ardigò - Roma    Il lunedì 15 luglio 2019, 16:45:38 CEST, Ignazio Pardo <ignazio.pardo a giustizia.it> ha scritto:  
 
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Ritenere che la riforma voglia attribuire ai capi degli uffici il "potere" di nominare presidenti di sezione e procuratori aggiunti è un errore. Ed è un errore farne conseguire una volontà di gerarchizzazione imperante.





La riforma cancella le figure dei semi direttivi sostituendoli con semplici coordinatori, nominabili per un periodo temporaneo, non rinnovabili. I capi quindi non nominano presidenti di sezione o procuratori aggiunti, ma figure diverse che devono procedere alla gestione degli uffici con il consenso degli altri colleghi e che  periodicamente si alternano nell'incarico.





Potrà piacere o no ma non si tratta di attribuire un potere assoluto ai capi; viceversa si vuole  procedere nella strada di una gestione condivisa e ramificata dell'ufficio non più attribuita ai semidirettivi per un periodo di 8 anni privo di sostanziali controlli.





La riforma priva il CSM del potere di nomina di oltre 700 figure di semidirettivi,  in perenne scadenza, imponendogli un ruolo di "nominificio" che non si confà al ruolo costituzionale e che costituisce il vero arnese attraverso il quale il peggiore correntismo si è impadronito della nostra carriera costituendo oggi il maggiore pericolo all'indipendenza.





Area prima di bocciare come gerarchizzante questa previsione dovrebbe riflettere, proprio per valutare se essa non voglia essere una forma di gestione degli uffici diversa e più "democratica".





a presto


Ignazio Pardo

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