[Area] R: "La magistratura è sana, solo il sei sette per cento dei magistrati è corrotto"

Antonio Baldassarre antonio.baldassarre a giustizia.it
Ven 14 Feb 2020 16:13:24 CET


Il racconto che riporti, da parte dei colleghi più anziani, relativo agli stipendi del passato è un  po' semplificato ma in parte coglie nel segno

Non è superfluo ricordarlo, anche senza soffermarsi sui vari snodi che si ebbero in quegli anni

In passato lo stipendio dei magistrati era effettivamente basso, pressoché allineato a quello di tutti gli altri dipendenti pubblici, con indennità giudiziarie ridicole, simboliche.

Non c'era paragone con quel che guadagnavano gli avvocati, che avevano in genere grande rispetto per la dignità con cui i colleghi andavano avanti, ma non mancavano quelli che sapevano in vario modo approfittarne, con lusinghe piccole e grandi.

La questione economica aveva conseguenze immediate sulla composizione della categoria, perché i magistrati entrati in servizio sino alla metà degli anni '70 erano quasi tutti o meridionali, per i quali il posto pubblico rappresentava comunque una sicurezza economica, oppure provenienti da famiglie molto benestanti, spesso di estrazione aristocratica o alto borghese, i quali tutto sommato potevano permettersi uno stipendio basso che costituiva solo un completamento rispetto a quello su cui potevano contare e cercavano invece una professione adeguata al blasone.

Nel bellissimo libro di Giorgio Fontana "Morte di un uomo felice", ambientato tra Milano e la provincia lombarda, la madre del protagonista, sgomenta perché il figlio lasciava un buon posto in banca per andare a fare il magistrato, gli diceva " il pretur è roba de terrun!"

Scorrendo le sentenze di quei tempi, del resto, colpiscono i tantissimi doppi o tripli cognomi, pieni di predicati nobiliari, che pure qualcosa vogliono dire.

Per tante ragioni, anche connesse  a questa composizione sociale, a quell'epoca i magistrati non facevano rivendicazioni salariali.

Poi effettivamente era iniziato un certo ricambio sociale, molto graduale, che ha avuto importanti riflessi anche sulla giurisdizione; con il terrorismo si accese la luce sul compito e il ruolo della magistratura nella società. Un colpo decisivo, anche nell'immaginario dell'opinione pubblica, fu la foto del corpo di Mario Amato (pubblico ministero a Roma) riverso a terra, ucciso dai NAR a Roma nel 1980, che mostrava le suole delle scarpe consumate sino a esser bucate.

Da allora si iniziò a incidere sull'indennità giudiziaria, da un lato e soprattutto su meccanismi automatici di rivalutazione degli stipendi, giungendo al sistema attuale.

Io ero bambino a quei tempi e mio padre magistrato: non facevamo la fame, ma eravamo 6 figli, mia madre insegnante e i soldi bastavano a stento, a pensarci bene a fine mese capitava di dover saltare qualcosa. Ricordo bene quegli anni,  gli sforzi dei miei genitori per fare quadrare i conti, la cautela con cui filtravano le notizie sui colleghi di mio padre assassinati, su  cui io e soprattutto i miei fratelli più grandi ricevevamo informazioni "attenuate"

Ricordo molto bene i racconti di mio padre su miserie umane, più che economiche che in quegli anni vedeva tra alcuni colleghi: il magistrato che andava a fare un sopralluogo in un caseificio (non so se per un fallimento, per una ispezione dei luoghi, forse per un infortunio su lavoro) che infilava un provolone nella borsa; il predecessore di mio padre in una piccola pretura della provincia di Napoli, nei primi anni sessanta, era noto in paese perché andava lui a fare la spesa al mercato e non la moglie, cosa che veniva sussurrata con imbarazzo dai cancellieri: non era un paladino ante litteram della causa femminista, un marito attento alle esigenze della moglie o un uomo più moderno rispetto ai suoi tempi, era solo che a lui non facevano pagare! Ricordo di un avvocato scaltro che per spiegare l'esito sovvertito rispetto a ogni previsione di una certa causa aveva commentato : "o so'  casce o so' cosce!"

Dopo di allora le cose sono cambiate, in vario modo e con paragoni diversi rispetto ai tempi e all'economia italiana.

Oggi che l'economia ristagna non siamo ricchi, ma spesso per la prima volta qualche volta capita che lo siamo di più rispetto ai coetanei avvocati che abbiamo come interlocutori e

 questo deve far pensare.

Purtroppo però non sono i 7.200 euro di Gratteri (e di quelli che sono alla settima valutazione) a porre rimedio contro la corruzione e non basterebbero il doppio per farlo.

Sicuramente il collega avrebbe potuto trovare un modo più felice per esprimere il suo pensiero e, magari, meno autoreferenziale.

Ma non sembra che in quell'intervista Gratteri volesse parlare della nostra categoria, quanto soprattutto di se stesso e delle indagini che lui porta avanti in Calabria.

Antonio Baldassarre







piccole e grandi

meschinità

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Da: Area <area-bounces a areaperta.it> per conto di thorgiov <thorgiov a libero.it>
Inviato: giovedì 13 febbraio 2020 18:06
A: area a areaperta.it
Oggetto: Re: [Area] R: "La magistratura è sana, solo il sei sette per cento dei magistrati è corrotto"


Rammento che quando entrai in magistratura i colleghi più anziani mi dicevano che l'aumento degli stipendi c'era stato all'inizio degli anni '80 del secolo scorso, quale conseguenza delle numerose uccisioni di giudici. Il nostro era diventato un mestiere rischioso, e questo aumento del rischio richiedeva una compensazione. Un avvocato, all'epoca, mi disse che un tempo i magistrati facevano addirittura la fame. Ricordo pure che, nel periodo in cui ero studente, le risorse a loro disposizione erano di molto inferiori a quelle attuali. Una volta mi recai nel palazzo di Castelcapuano, dove erano ubicati tutti gli uffici giudiziari di Procura e di Tribunale, e ricordo che in una sola stanza lavoravano ben tre pubblici ministeri, in spazi molto angusti. Quando iniziai il tirocinio come uditore, la situazione era già cambiata in meglio, perchè la Procura aveva a disposizione un palazzo nel Centro Direzionale e il Tribunale penale lo stesso. Io credo che Gratteri non abbia detto nulla di scandaloso quando ha dichiarato quanto guadagna lui. Semmai l'ANM dovrebbe fare delle precisazioni, chiarendo che non tutti guadagniamo quella cifra, anche se sarebbe inutile, visto che per il popolo noi siamo classe dirigente, e quindi, per definizione, dei privilegiati, come i politici in generale. Solo che mentre con il politico è possibile avere un contatto diretto per ricevere dei favori, per lo più in modo illecito, con il magistrato, almeno di regola, questo non avviene. Paradossalmente questo ci rende ancora più impopolari, perchè alla gente non interessa affatto avere un ceto dirigente onesto, perchè dalla persona onesta non si riceve alcun tornaconto.

FELICE   PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )

Il 13/02/2020 15:46, Dott. Ardigo' Mario ha scritto:
Il rischio è di assimilare la magistratura alla “casta”.
Il collega Gratteri è un alto grado della magistratura ordinaria, non tutti gli altri magistrati hanno il suo stipendio. Circa mille euro di quell’importo, che io ricordi, è poi un’indennità di rischio collegata alla funzione. Alcuni magistrati rischiano di più, come certamente Gratteri,  altri di meno o quasi nulla, come accade a me. O meglio, uno pensa di non rischiare, ma non si può mai dire, come casi del passato hanno purtroppo dimostrato.
 Le indagini antimafia mi sono sempre sembrate quelle più complesse dal punto di vista organizzativo e di tecnica investigativa, proprio perché riguardano associazioni spesso con molti aderenti, fiancheggiatori, favoreggiatori, succubi. E’ come in medicina: un intervento neurochirugico sull’encefalo è enormemente più complesso di una tonsillectomia, ma entrambi sono necessari, sebbene il primo richieda una superspecializzazione e attrezzature disponibili solo nei centri clinici maggiori. Il problema è quando, in zone contaminate dalle organizzazioni mafiose, non vi è chi sia tecnicamente capace di sviluppare indagini in quel campo. Credo che questo fosse il senso delle parole del collega Gratteri, almeno io le ho intese in questo modo.
 Quanto al numero dei colleghi magistrati corrotti, non so su che basi Gratteri abbia fatto quella stima. Io non sono in grado di farla e, quindi, nemmeno di confutare quella di Gratteri. Spero solo che la percentuale sia più bassa. Nella mia vita professionale non ho mai personalmente constatato fatti di corruzione di magistrati, né ne ho avuto evidenza in indagini da me condotte, ma alcuni colleghi che conoscevo sono stati imputati di fatti di corruzione. Meno di dieci in tutto credo. Su centinaia di magistrati che ho conosciuto. Ma quest’esperienza, naturalmente, lascia il tempo che trova, non ha valore statistico. Avrei certamente preferito che Gratteri desse qualche elemento  in più come base della sua stima, o rimandasse quelle sue dichiarazioni sul fenomeno a quando potesse darlo e, innanzi tutto, gli fosse fornito tempo sufficiente per darlo. Ma tant’è. Potrebbe imparare dall’esperienza. In coscienza, ripeterebbe quelle parole?
  Certo, mia moglie insegnante a fine carriera prende circa duemila euro al mese. Mia figlia, che l’anno scorso è stata assunta in un ufficio pubblico (non in magistratura), prende più di lei, come esperto giuridico. Io alle soglie della pensione, molto di più. Viviamo bene. Ma rimane l’insoddisfazione di un lavoro che non può essere fatto come si deve, per le ragioni che ogni magistrato sa, come anche al Ministero sanno; ma poi ancora non ci si è riusciti a porvi rimedio. Com’è che ci sono tanti reati prescritti? Il fenomeno mi pare endemico in appello. E’ inutile scontrarsi su prescrizione breve o lunga, bisognerebbe riuscire a ottenere che un processo si concluda con una sentenza nel merito  ben prima dello scadere del termine di prescrizione. Guardate, lo dico per i non addetti ai lavori che leggono, che non si è mai riusciti ad ottenere questo risultato, anche quando c’era la vecchia procedura penale, prima del 1989, e i dibattimenti andavano più veloci. Infatti, circa ogni cinque anni c’era un’amnistia che cancellava i reati meno gravi e un indulto, che impediva l’esecuzione di pene per fatti troppo risalenti. Poi dopo il ’90 nulla più, è cambiata la Costituzione e per approvare l’amnistia ci vuole una maggioranza parlamentare difficile da ottenere, soprattutto in clima di bipolarismo. Quindi arriva, come misura di salvaguardia, la prescrizione, per i reati meno gravi, a parte  certi reati non gravissimi per i quali, per ragioni politiche essenzialmente, si è voluto prolungare, anche molto, il termine di prescrizione. Sotto questo profilo i recidivi reiterati se la passano male. Perché dico “salvaguardia”? Perché, nel diritto e nella psicologia penitenziaria contemporanea la sanzione irrogata per un reato non viene più considerata prevalentemente una “sofferenza”, ma un “trattamento” volto ad ottenere un cambiamento di mentalità del condannato, quella che in Costituzione viene definita “rieducazione”, con un termine un po’ datato ma che rende ancora l’idea. Ma a che serve un trattamento, quando la vita ha fatto il suo corso e uno, per quel processo di biologia e psichismi, è per conto suo cambiato. Ho 63 anni, non la penso più come a venti, ma nemmeno come a quaranta. Se dovessi “scontare” una pena grave per fatti commessi a quarant’anni, che rimarrebbe da “rieducare” in me? La vita mi ha (duramente) ammaestrato,  e questa mi pare esperienza comune tra i miei coetanei. Negli Stati Uniti d’America giustiziano condannati anche dopo decenni dalla condanna. Mi pare disumano. Giustiziano persone che non sono le stesse che commisero tanti anni prima certi gravi delitti.
 In un’udienza del mese scorso in cui c’ero anch’io, un signore africano ha detto che non voleva essere rimesso in libertà, come aveva chiesto il suo difensore, perché voleva “pagare”. L’avvocato si è disperato, si è inquietato con il cliente, ha chiesto soccorso alla Corte e a me. In effetti, la pena, e ancor più la carcerazione preventiva, non  è un “debito” che il colpevole ha verso la società. Come farlo capire ai nostri concittadini?  Le riparazioni e i risarcimenti sono altra cosa. Il condannato non ripaga la società con la sua sofferenza. La pena non è una vendetta della società. La sofferenza che c’è nel “trattamento” penitenziario viene inflitta perché non se ne può fare a meno in certi casi, ma si punta ad altro. L’altro giorno Giovanni Bachelet, ora professore come il padre ucciso dalle brigate rosse, ha detto in radio che gli assassini del suo papà sono da anni in libertà e che questo lo considerava la vera vittoria della società, la vittoria dell’umanità sulla violenza bestiale. Così sia.
 Di solito un magistrato prende a cuore queste deficienze del sistema, non si appaga dello stipendio un po’ più alto della media. Ci soffre e si sforza di dare il meglio che può. Non “stacca” mai, come sanno i suoi stretti familiari, il coniuge e i figli. I “fascicoli” debordano negli armadi domestici. Ma il sistema è quello che è  e a certi problemi non si può rimediare solo con l’impegno personale. E’ come con l’organizzazione sanitaria che si basa su una costante revisione delle procedure sulla base dell’esperienza, tanto che questa è divenuta una vera e propria scienza. E’ essenzialmente questo che ci consente di provare a fronteggiare un flagello come un’epidemia virale come quella che si è manifestata a dicembre. Chi potrebbe dire che non vi sono medici, e anche super-medici (per la specializzazione dei quali sono state impegnate tante risorse), corrotti? L’esperienza giudiziaria dimostra che ci sono stati. Ma nel complesso l’organizzazione è valida, tanto che ha portato, nel giro di cinquant’anni, a un significativo aumento della speranza di vita e dell’età media della popolazione. E’ a questo che dovremmo puntare anche nell’organizzazione giudiziaria, ma non lo si fa. Si danno stipendi più alti della media ai magistrati sperando di attirare gente più valida, sottraendola ad altre opportunità di lavoro, sperando poi che con la personale iniziativa rimedi alle carenze strutturali del sistema. Purtroppo questa soluzione non funziona ed  è per questo che poi ci si trova a scontrarsi sulla prescrizione.
 Per concludere, chiediamoci e rispondiamoci onestamente: i magistrati sono buoni comunicatori, nel senso che sappiano orientare i concittadini sui problemi reali della giustizia? Mica tanto, mi pare. Del resto non è per questo che sono stati assunti. Non  è facile essere buoni comunicatori, specie parlando in televisione. Alcuni si bloccano, altri si lasciano troppo portare dall’emotività. La gente che capisce? Mi piaceva lo stile che aveva Giorgio Bocca quando parlava in TV. Parlava poco. Ma era un comunicatore professionale.
Mario Ardigò


Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di dott.ssa Marrone Antonella
Inviato: giovedì 13 febbraio 2020 13:01
A: area a areaperta.it<mailto:area a areaperta.it>
Oggetto: Re: [Area] "La magistratura è sana, solo il sei sette per cento dei magistrati è corrotto"

Concordo assolutamente, io sono rimasta sconcertata.
Aggiungo che ritengo totalmente inopportuno il riferimento agli importi percepiti a titolo di retribuzione.
Mi sembra un’opera di trasparenza che avrebbe potuto ben essere omessa, senza far danni di sorta nemmeno al diritto del cittadino di conoscere (mai negato).
Invece quel dato, inserito in quel contesto, mi pare non faccia che aggravare la percezione di sfascio già abilmente procurata con la parte delle dichiarazioni su cui si concentra il collega Santacatterina.
Un saluto
Antonella Marrone


From: Alberto Santacatterina<mailto:alberto.santacatterina a giustizia.it>
Sent: Thursday, February 13, 2020 11:14 AM
To: area a areaperta.it<mailto:area a areaperta.it>
Subject: [Area] "La magistratura è sana, solo il sei sette per cento dei magistrati è corrotto"

Nel corso della trasmissione “In mezz’ora” su Raitre alle 14.30 dello scorso 9 febbraio il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, intervistato da Lucia Annunziata, dopo una serie di affermazioni sulle quali si può concordare o meno (p.e. “"il giorno in cui mi sono insediato ho detto: "non possiamo continuare con indaginette da dieci, venti persone, perchè altrimenti non cambia nulla, perchè mentre io arresto le venti persone hanno il tempo di rigenerarsi”, dal che si apprende che le indagini – ed i relativi procedimenti – che vedano coinvolti meno di venti indagati sono ‘indaginette’), ha affermato che la corruzione riguarda il “sei, sette per cento, non di più” della magistratura italiana.

Se ci fossero dei dubbi questo è il tenore letterale del colloquio con Lucia Annunziata, del resto agevolmente verificabile sul sito della RAI:

A. "Uno dei casi apertisi con questa inchiesta è anche il ruolo dei magistrati, del ventre molle della magistratura"

G. "Guardi, io le posso dire che per quella che è la mia esperienza, intanto i magistrati non vengono da Marte, i magistrati sono il prodotto di questa società, l'abbassamento della morale e dell'etica c'è in tutte le categorie negli ultimi decenni, ma le posso dire che sostanzialmente la struttura della magistratura è sana. Poi è ovvio, un magistrato corrotto fa un botto, fa un rumore, è molto grave e la gente si allontana da noi, perdiamo tanta credibilità"

A. "Quanto è esteso il fenomeno della corruzione, se dovesse fare una torta, di quelle... la percentuale, quanto è estesa, che valutazione dà?"

G. "Il problema c'è, seriamente c'è, il problema della corruzione c'è..."

A. "E se dovesse dare un numero, è il dieci, è il quindici, è il sei?"

G. "No, no, meno, meno, possiamo parlare del sei, sette per cento, non di più. Lo so, è grave, è terribile, è inimmaginabile, è impensabile, anche perchè noi guadagniamo bene, cioè noi abbiamo uno stipendio che ci consente di vivere una vita...io guadagno 7200 euro al mese, con 7200 euro al mese si vive bene"

I numeri non sono opinioni. Su circa diecimila magistrati in organico, quindi, nella migliore delle ipotesi secondo Gratteri almeno seicento sono corrotti, pur se, bontà sua, “sostanzialmente la struttura della magistratura è sana”. Detto in altri termini, e per rendere l’idea, chiunque di noi presti servizio in un ufficio di almeno diciassette colleghi è matematicamente certo che uno di loro sia corrotto.

Da domenica ad oggi queste dichiarazioni sono cadute nel silenzio più totale, dei colleghi e dell’ANM. Non so se perché nessuno ha dato loro peso o perché tutti le condividono, e non so quale sia l’ipotesi più preoccupante.

Saluti

Alberto Santacatterina

Procura di Lecce
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