[Area] R: Ai tempi del Covid 19

Mariano SCIACCA mariano.sciacca a giustizia.it
Ven 24 Apr 2020 18:15:57 CEST


Da ospite intervengo in punta di piedi.

Condivido – come lui sa - Claudio e la sua sollecitazione.

Ci si chiede di ricostruire e di guardare avanti non con gli occhi della
paura, ma con quelli della speranza di chi ha il dovere di essere
Istituzione, oltre che cittadino di questo mondo.

Guardare avanti – e nella mia vita professionale, nel bene e nel male, ci ho
provato – vuol dire immaginare il futuro possibile, forti delle esperienze
passate (e delle sue mancanze, oltre che dei suoi traguardi), forti davanti
alle paure dell’incerto, consapevoli degli oneri che ne seguono.

Vuol dire anche sapere immaginare e volere un progetto che sappia anche
confrontarsi con il Potere in ogni sua espressione e manifestazione. 

Dicendo anche pane al pane e vino al vino.

Solo così saremo credibile veicolo di innovazione ed eviteremo crisi di
rigetto e malpancismi.

Dovremo gestire insieme un percorso doloroso  nel quale tenere insieme
innovazione responsabile e consapevolezza dei divari culturali, territoriali
e umani.

Dovremo anche evitare – richiamando un’espressione a me cara che tanti
equivoci ha creato nel mio rapporto associativo con la cd. magistratura
“progressista” – di “metterci la pezza”.

Lo dico senza ombra di polemica, ma con il senso doveroso di costruzione che
l’Oggi drammatico ci richiede e il futuro prossimo ci imporrà, volenti o
nolenti che saremo.

Su questo percorso - irto di pericoli e ricco di sfide - solo gli uomini
provvisti di “decenza” per dirla con Camus – si possono e devono incontrare.

Senza Unti dal Signore, depositari di Verità e senza accondiscendere ad
egoismi corporativi.

Iniziamo e vediamo.

Un abbraccio, Mariano Sciacca

Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di Claudio Castelli
Inviato: venerdì 24 aprile 2020 12:01
A: area a areaperta.it
Oggetto: [Area] Ai tempi del Covid 19

 

Diversi colleghi hanno posto un problema reale: se  non cogliamo oggi le
possibilità che ci sono date per la celebrazione delle udienze da remoto,
perdiamo una grande occasione.

Questa, a mio avviso, è solo una parte di un problema molto più grande e
drammatico. Dopo l’emergenza sanitaria avremo un’emergenza economica e
sociale, con milioni di disoccupati e inevitabili conflitti. Si pone per
tutti, anche per noi, un problema di ricostruzione del paese. Dobbiamo
decidere se essere parte della soluzione o essere parte del problema. 

Se cercare di svolgere quel ruolo di (parte della) classe dirigente che fa
parte della nostra professione, o avere un atteggiamento difensivo che cerca
di evitare responsabilità e illuderci di rimanere estranei ai cambiamenti
che subisce il contesto generale.

O avremo la capacità di ripensare alla giustizia facendo un salto di qualità
o saremo travolti. E, piaccia o no, le tecnologie sono uno dei pochi
strumenti che possono farci fare questo salto di qualità. Il problema non è
di affidarsi alle tecnologie in modo fideistico, ma di cogliere quello che
possono darci e di farle rispondere alle nostre esigenze. Dobbiamo decidere
se governarle o subirle. E solo governandole (ed allora dovremo sporcarci le
mani) avremo risultati ed un prodotto fruibile e disponibile. 

Le discussioni sull’udienza telematica sono in questo quadro davvero poca
cosa, anche perché credo che alcuni non colgano che l’udienza da remoto è
un’opportunità in più che viene data, non necessariamente sostitutiva, ma
aggiuntiva, che addirittura in non pochi casi può consentire di arricchire
un contraddittorio altrimenti inesistente o puramente formale (penso
all’interrogatorio di garanzia del GIP titolare quando la persona sottoposta
a misura cautelare venga arrestato in altro territorio o alla lontananza di
imputato e/o difensore, che altrimenti rinuncerebbero a comparire o si
farebbero sostituire).

Ma queste discussioni sono anche sintomo di una forte arretratezza culturale
che tutti ci portiamo dietro. È facile oggi accusare il Ministero per
indubbi ritardi che ci sono stati e ci sono. Ma non possiamo far finta di
ignorare che noi per primi (non tutti, ma la grande maggioranza) non abbiamo
mai coltivato l’innovazione ed anzi spesso abbiamo vissuto con fastidio o
abbiamo osteggiato nuove idee e nuovi programmi.

L’arretratezza tecnologica esistente è anche figlia di questa arretratezza
culturale e vedo con piacere che quest’emergenza può darci piena
consapevolezza di ciò e farci mutare orientamento.

È il momento di pensare in grande, di rivedere vecchi concetti e gabbie in
cui un po’ tutti ci rintaniamo, disegnando la giustizia del futuro. Questa
esperienza drammatica può diventare un prezioso volano di innovazione.

Sfruttiamola appieno e non illudiamoci che la fase 3 sia un semplice ritorno
alla vita pre epidemia. 

Sarà radicalmente diversa, e può essere anche migliore.

 
Claudio Castelli

 

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