[Area] IL NUOVO UFFICIO PER IL PROCESSO: UN NUOVO MODO DI LAVORARE NEGLI UFFICI GIUDIZIARI ED UNA SFIDA PER TUTTI

claudio.castelli a giustizia.it claudio.castelli a giustizia.it
Lun 28 Giu 2021 19:12:40 CEST


IL NUOVO UFFICIO PER IL PROCESSO: UN NUOVO MODO DI LAVORARE NEGLI UFFICI
GIUDIZIARI ED UNA SFIDA PER TUTTI

 

L’Italia con il PNRR si è impegnata a ridurre del 40 % i tempi dei processi
civili e del 25 % i tempi dei processi penali.

Lo strumento fondamentale pensato per arrivare a questi risultati è
l’Ufficio per il processo per cui verranno assunti 16.000 giovani laureati
in due tranche. I primi 8000 dovrebbero arrivare negli uffici giudiziari già
all’inizio del prossimo anno. 

Ció vuol dire che a breve vedremo arrivare nei nostri uffici decine o
centinaia di giovani laureati nell’ambito di una struttura che continuiamo a
chiamare Ufficio per il processo, ma che è radicalmente diversa da quella
che abbiamo conosciuto e con prospettive molto più ambiziose e concrete
delle strutture oggi già esistenti in molti uffici. Questo nuovo ufficio per
il processo comporta una rivoluzione culturale delle modalità in cui è stata
sinora concepita l’attività giudiziaria. È il passaggio da un lavoro
sostanzialmente artigianale ad un’elaborazione “industriale”. Sinora abbiamo
concepito il lavoro del magistrato, come una monade isolata che da solo
studiava, rifletteva, scriveva.

L’ottica che si realizza con il nuovo ufficio per il processo è di un lavoro
di squadra di cui il magistrato è dirigente e parte e che deve contribuire a
creare e si deve inserire in una organizzazione più complessa capace di
utilizzare al meglio le risorse umane disponibili, di seguire moduli e
procedure concordate, di stabilire standard di azione ed elaborazione.

Proprio la necessità di una organizzazione complessiva induce ad uscire da
una logica solo individuale di rapporto tra il singolo magistrato e uno o
più ausiliari addetti specificamente a lui, cercando invece di individuare
le diverse fasi e le diverse attività in cui il team di supporto può
intervenire dando tutta la propria elaborazione e collaborazione al
magistrato che resta inevitabilmente il terminale ed il perno della
struttura. 

L’obiettivo deve essere di togliere al magistrato tutte le attività a basso
valore aggiunto e/o prodromiche, di ricerca, di sistematizzazione, di
stesura materiale che possono essere demandate ad altro personale
qualificato. Occorre riservare al magistrato l’attività più complessa e
delicata che costituisce il core business della sua professione, ovvero la
decisione. Il che comporta anche l’input su tutta l’attività preparatoria
necessaria e il riscontro sulla motivazione della stessa. Ciò richiederà
anche una specifica formazione sia in primo luogo delle persone che verranno
assunte come funzionario addetto all’ufficio per il processo, ma anche del
magistrato che, a fronte di una ricchezza che prima non aveva mai potuto
sperimentare, dovrà imparare a delegare, a incaricare di specifiche
attività, a monitorare, a controllare, senza rinunciare a dare il proprio
apporto originale e personale. Modalità di squadra che vanno insegnate e
imparate e che possono portare ad una maggiore produttività e ad una
maggiore qualità. Produttività e qualità che devono rimanere
inscindibilmente legate, evitando il rischio di cadere in un cieco
produttivismo che, come l’esperienza ci insegna, rischierebbe di avere un
impatto negativo anche sotto profilo meramente quantitativo (per il
proliferare delle impugnazioni). 

Se organizziamo bene gli uffici sarà possibile lavorare meglio e con più
serenità. Occorre quindi aprire subito un percorso condiviso che individui
ufficio per ufficio le migliori soluzioni organizzative con flessibilità e
capacità di adattarsi alle specificità di ogni realtà.

Abbiamo una gigantesca occasione per ridurre in pochi anni l’arretrato
patologico che oggi appesantisce gli uffici (che già oggi nella generalità
definiscono più di quanto sopravviene) e per ridurre in modo drastico le
disparità territoriali che caratterizzano il nostro sistema (dovute non a
differenti produttività, ma alle profonde diversità complessive di contesto
ambientale e sociale, all’eccessivo turn over di magistrati, oltre che alle
diverse capacità dirigenziali).

Non stiamo parlando di ipotesi irrealistiche. Negli ultimi dieci anni grazie
all’informatizzazione, a qualche intervento normativo (ufficio per il
processo, mediazione, geografia giudiziaria, deflazione dell’accesso), ma
soprattutto ad un’eccezionale impegno di tutti gli operatori del diritto
coinvolti, le pendenze del settore civile sono state dimezzate (dalle
5.081.910 cause del 2009 alle 2.806.344 del 2019).

Questo è anche il frutto di un nuovo approccio culturale che ha sempre più
visto il fattore organizzativo come centrale. E del resto la riprova è che
questi progressi non sono dovuti, se non nell’ultimo periodo, ad un
investimento di nuove risorse, in particolare personale giudiziario, negli
uffici e che tutte le analisi condotte sul campo dimostrano come non vi sia
un rapporto biunivoco tra disponibilità di risorse e performance, come tra
carichi di lavoro e performance.

Abbiamo di fronte una grande sfida che possiamo vincere. Poi dovremo anche
chiedere un rafforzamento del PNRR ed una concretizzazione delle ipotesi di
digitalizzazione nella giustizia. Ma possiamo farlo se cominciamo a
sfruttare le occasioni che abbiamo oggi.

 

                                                           Claudio Castelli

 

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